Rinnovo Patente? Facile ed Economico
Data center, boom nel Nord Italia: ma il conto lo paga l’ambiente
In Italia è esplosa la corsa ai data center. Cloud computing e intelligenza artificiale hanno acceso il motore: per reggere la mole di dati servono strutture gigantesche e la maggior parte sta nascendo al Nord. Come riporta il Sole24 Ore oggi si contano 342 richieste per un totale di 55 gigawatt. Un anno fa erano 31,2 GW. Nel 2019 non si arrivava nemmeno a uno. In soli cinque mesi, da marzo ad agosto, sono spuntati altri 15 GW, insomma, un’accelerazione che ha pochi precedenti.
La Lombardia è la regina di Italia su questo fronte: 210 domande per 30,2 GW, quasi tutte a Milano. Poi il Piemonte (43 istanze, 9,8 GW) e il Lazio (27 pratiche, 4,2 GW). A spingere sono soprattutto i grandi operatori immobiliari e delle telecomunicazioni, che vedono nei data center un affare sicuro.
Ma il rovescio della medaglia è pesante: l’impatto ambientale. Si stima che entro il 2030 i data center consumeranno circa 11 terawattora, equivalenti al 3% del fabbisogno nazionale, concentrato perlopiù al Nord. Non si tratta di numeri irrilevanti, perché questi colossi dell’elaborazione dati non vivono d’aria: ogni algoritmo di intelligenza artificiale, ogni query lanciata da un utente, ogni operazione di cloud computing richiede energia, acqua e materie prime. In pratica, città intere alimentate solo per far girare algoritmi e server.
Il problema non riguarda solo l’Italia. L’Agenzia Internazionale per l’Energia avverte che i consumi mondiali saliranno dai 460 TWh del 2022 a oltre 1.050 TWh nel 2026. L’Irlanda è già un esempio-limite: lì i data center assorbono più elettricità di tutte le famiglie messe insieme. E poi c’è la questione acqua. Per raffreddare i server servono enormi quantità di risorse idriche: bastano da dieci a cinquanta interazioni con un chatbot per bruciare mezzo litro d’acqua.
Non stupisce, quindi, che le Big Tech stiano valutando soluzioni drastiche, per esempio accostare ai loro data center centrali nucleari convenzionali o di nuova generazione, come i piccoli reattori modulari (Smr) o i più avanzati Amr. Una soluzione forse estrema, che però comincia a interessare anche il nostro governo. D’altro canto l’intelligenza artificiale non ammette pause: ha bisogno di energia stabile e continua, 24 ore su 24, sette giorni su sette.
Ecco allora il paradosso: da un lato l’IA e il cloud si presentano come tecnologie del futuro, indispensabili per l’innovazione, dall’altro rischiano di trasformarsi in nuovi nemici del clima, macchine voraci di energia e risorse naturali. La domanda quindi è inevitabile: quanta sostenibilità siamo disposti a sacrificare in nome della rivoluzione digitale?
Rinnovo Patente? Facile ed Economico
Questo articolo è stato pubblicato in origine su questo sito internet