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Dopo 31 anni di occupazione, è scattato lo sgombero del Leoncavallo di via Watteau, storico centro sociale di Milano. L’operazione arriva dopo numerosi rinvii e mentre il collettivo lancia una raccolta fondi per il risarcimento da 3 milioni di euro imposto dal Ministero dell’Interno. Sullo sfondo, il dibattito politico e l’ipotesi di una nuova sede a Porto di Mare.
Al via sgombero del Leoncavallo: dopo 31 anni la polizia libera il centro sociale di via Watteau a Milano
La polizia, insieme all’ufficiale giudiziario, ha eseguito l’ordine di sfratto nei confronti del Leoncavallo, occupato abusivamente dal 1994 in via Watteau. Per oltre trent’anni il centro sociale è stato al centro della vita politica e culturale milanese, con lo sgombero rinviato più volte negli anni.
La richiesta di risarcimento e la raccolta fondi
Il Ministero dell’Interno ha chiesto a Marina Boer, presidente delle Mamme antifasciste del Leoncavallo, un risarcimento di 3 milioni di euro. La cifra corrisponde a quanto lo Stato è stato condannato a versare alla proprietà, l’Immobiliare Orologio della famiglia Cabassi, per i mancati sgomberi. Il collettivo ha così aperto una “Cassa di Resistenza”, alla quale ha aderito anche l’Anpi provinciale di Milano.
Una lunga storia di occupazioni
Il Leoncavallo nasce nel 1975 nel quartiere Casoretto, per poi subire nel tempo vari sgomberi e trasferimenti. Dopo la sede provvisoria in via Salomone, sgomberata nel 1994, il collettivo si è insediato in via Watteau, dove è rimasto per oltre tre decenni fino all’operazione di oggi.
La vicenda ha inevitabilmente acceso il dibattito politico. Avs ha annunciato di voler organizzare al Leoncavallo la propria festa nazionale di settembre, mentre nei mesi scorsi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva promesso a Fratelli d’Italia uno sgombero “imminente”.
L’ipotesi di una nuova sede
Parallelamente si lavora a un’alternativa: un capannone comunale in via San Dionigi, a Porto di Mare. L’associazione Mamme del Leoncavallo ha presentato una manifestazione d’interesse, ma serviranno un bando pubblico e una bonifica per rendere l’area utilizzabile.
Le parole del sindaco Sala
“Ieri ero a Palazzo Marino, impegnato in incontri di lavoro. Ho delegato il vicecomandante della Polizia locale in mia rappresentanza a partecipare al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza che, come consuetudine, si tiene ogni mercoledì. In quella sede non è stato fatto cenno ad alcuno sfratto esecutivo del centro sociale Leoncavallo”. Lo afferma, in una nota, il sindaco di Milano Giuseppe Sala. “Per un’operazione di tale delicatezza, al di là del Comitato, c’erano molte modalità per avvertire l’Amministrazione milanese. Tali modalità non sono state perseguite”, aggiunge il primo cittadino che definisce il centro sociale “un valore storico e sociale nella nostra città. Ho ricevuto stamattina dal Prefetto la notizia”.
Il commento della premier Meloni
“In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità”. Lo afferma sui social la premier Giorgia Meloni dopo lo sgombero del Leoncavallo a Milano. “Le occupazioni abusive – aggiunge – sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole. Il Governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti”.
Pedullà (M5S): “L’estate non porta consiglio”
On. Gaetano Pedullà, vicecapo delegazione del Movimento al Parlamento Europeo: “L’estate non porta consiglio. Il blitz che questa mattina ha definito lo sgombero del Centro Sociale Leoncavallo introduce un elemento di tensione nella città di Milano che era ampiamente evitabile. Le parti in gioco avevano trovato un accordo per il 9 settembre. Chi ha deciso di far precipitare gli eventi? Quali sono le cause di questa urgenza? Da oltre 20 anni il centro sociale non è più un problema di ordine pubblico per la città, eppure questa mattina sono stati impiegati oltre 130 carabinieri, più forze dell’ordine e vigili urbani. Tutti impegnati a sgomberare un’area vuota. In una città, dove parte della classe dirigente è sotto inchiesta per corruzione, falso, conflitti di interesse e svilimento della cosa pubblica, la questione Leoncavallo andava chiusa diversamente. Solo una destra ottusa e ideologica oggi può esultare. Ai cittadini non rimane sperare che nessuno abbia voglia di gettare un fiammifero sulla benzina versata”, così conclude l’Eurodeputato 5Stelle, Pedullà.
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