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“Morirò, ma il mio avatar no”: Maria Rita Parsi spiega perché i giovani rischiano la vita sui social
Tuffi da scogliere altissime, bagni in fiumi e canali dove la balneazione è vietata, pericolose immersioni in cisterne: queste sono solo alcune delle agghiaccianti sfide che quest’estate stanno mietendo innumerevoli vittime tra i giovani della generazione Z, come mai era accaduto prima.
È una “situazione davvero drammatica”, commenta così ai microfoni di Affaritaliani Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, scrittrice e membro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Parsi analizza questi tragici episodi, illustrando nel dettaglio le cause psicologiche, sociali e culturali che rendono i social così pervasivi nelle vite dei ragazzi, fino al punto da spingerli, in alcuni casi, a comportamenti estremi e autodistruttivi.
“Il primo punto è che noi usciamo – e forse qualcuno l’ha dimenticato – da una pandemia come il COVID-19. E quando si esce da una pandemia di questo tipo, in cui sono morte moltissime persone e in cui i ragazzi hanno vissuto una sorta di prigionia dentro casa – molti dei quali non sono nemmeno tornati a scuola per paura di contagiare gli anziani, sentendosi quasi degli untori – è naturale che, in questa fase, il virtuale abbia avuto uno strapotere”, dichiara la psicologa.
“Già prima esisteva un potere del virtuale non educato, perché gli adulti hanno messo questo strumento in mano ai ragazzi senza alcuna prevenzione rispetto alle possibili provocazioni o interazioni rischiose che esso comporta. Si può solo immaginare cosa sia successo quando la pandemia è finita. Si è tornati a scuola, ma con sé si è portata la paura collettiva e familiare della morte, perché l’angoscia di morte è la madre di tutte le angosce umane. Questo meccanismo genera molte difese, tra cui quella del virtuale: ‘morirò, ma tanto il mio avatar non morirà mai’. Da qui nascono anche una serie di violenze e abusi che, sottoforma di gioco, sembrano battaglie virtuali innocue. E, invece, sono solo l’immagine digitale del peggio che abita nel cuore umano”, continua Parsi.
“I ragazzi hanno bisogno di guide, di educatori, di adulti maturi e consapevoli, che sappiano quali strumenti di informazione e formazione stanno mettendo nelle loro mani”, sottolinea Maria Rita Parsi che aggiunge: “mi dispiace dover dire che questo è un momento storico segnato dalla confusione e dal conflitto, invece che da un reale confronto”. A tutto questo si aggiungono le devastanti guerre di cui si sente parlare ogni giorno, che, secondo la psicologa, hanno un forte impatto sul comportamento dei giovani e sulle loro dinamiche relazionali. “In questo scenario, l’esempio che viene trasmesso ai giovani non è certo quello dei valori o del merito, ma piuttosto un modello fondato sulla sopraffazione, sul combattimento, sulla distruzione, sulla superficialità e sulla leggerezza.”
Eppure, nonostante il drammatico contesto sociale, non mancano le parole di speranza e di grande fiducia da parte della psicologa, che propone una soluzione concreta: “Stimolare tutte le situazioni in cui i giovani possono incontrare guide e figure di riferimento capaci di offrire loro strumenti di riflessione, pensiero e formazione”.
“In questo momento, conclude Maria Rita Parsi, mi sento di dire che, se esiste una soluzione per affrontare una realtà così depressa e drammatica, è proprio quella di offrire ai giovani una formazione sui valori, sul merito, su ciò che significa davvero possedere strumenti utili a fare cultura, a creare arte e a esprimere in modo sano i propri bisogni e desideri”.
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