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Cacciari sui dazi: “Poteva anche andare peggio, vista la debolezza strutturale dell’Europa”
Non smette di essere al centro del dibattito pubblico l’accordo sui dazi raggiunto tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ed il presidente americano, Donald Trump. Un’intesa che il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic ha bollato come “la migliore che potessimo ottenere in queste circostanze difficili”. Sulla stessa scia anche la premier Giorgia Meloni che ha definito il patto al 15% “sostenibile”, una strategia per evitare una vera e propria guerra commerciale. Critiche invece le opposizioni: dal Movimento Cinque Stelle ad Avs fino al Pd. Come sostenuto da Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, l’intesa è stata “una capitolazione che ha trasformato l’Italia in una colonia di Trump”. In questo vortice di polemiche e scontri ideologici, Affaritaliani per capirne di più ha interpellato il filosofo e saggista Massimo Cacciari.
“Poteva anche andare peggio, vista la debolezza strutturale dell’Europa. Appare chiaro che non esiste alcuna unità: manca completamente una vera coesione politica. Di conseguenza, l’Europa si è presentata debolissima in questa trattativa con Trump”, sostiene Cacciari. Anche riguardo l’impatto economico “non si può fare un discorso comune: manca del tutto una posizione condivisa. Dipende da Paese a Paese: in alcuni casi, un 15% può funzionare; in altri, molto è determinato dalla composizione merceologica delle esportazioni”, afferma Cacciari.
Nello specifico, sottolinea il filosofo, “c’è una crisi profonda dell’industria manifatturiera, con al centro quella automobilistica tradizionale, crisi che riguarda tanto gli Stati Uniti quanto l’Europa. È una situazione condivisa: tutti cercano di difendersi. Negli ultimi decenni, la competizione proveniente dall’industria automobilistica dell’Est è stata dirompente e quindi le manovre protezionistiche europee occidentali, ora con grande vigore americano, erano inevitabili, anche a causa della totale assenza di una competitività europea. O ci rendiamo conto che l’Occidente è in crisi anche sul piano tecnologico rispetto alla Cina e ad altri grandi centri produttivi asiatici, oppure continuiamo a parlare inutilmente. È in corso una crisi economica, produttiva e tecnologica dell’Occidente, ed è da lì che derivano tutti questi problemi”.
“Il futuro dipenderà da come andranno le cose: dall’andamento economico, e dal fatto che la strategia di Trump si riveli o meno utile sul piano elettorale. In ogni caso, le manovre a cui stiamo assistendo denunciano chiaramente una debolezza strategica dell’occidente americano, ma ancor di più europeo. Anche la prepotenza di Trump è solo apparente: è una maschera che cela una debolezza profonda, ancora coperta — per ora — da un primato militare, ma sempre più evidente sul piano economico e tecnologico. Questa è la situazione. Bisognerebbe affrontarla con chiarezza, senza ipocrisie, e invece si chiacchiera”, conclude Cacciari.
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