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Nervosismo a Londra. Le posizioni dell’Ue, quasi compatta ma con diverse sfumature

La guerra ormai scoppiata tra Israele e Iran, con l’attacco del primo ministro Benjamin Netanyahu e la risposta pesante del regime degli ayatollah, vede per la prima volta dopo molto tempo – Ucraina a parte anche se pure sul conflitto scatenato dalla Russia divisioni ci sono state e ci sono – una certa compattezza nell’Unione europea. I punti chiave delle principali cancellerie europee sono due: Tel Aviv ha ragione e non poteva permettere a Teheran di arrivare ad avere la bomba atomica, ma a questo punto serve un serio piano di de-escalation.

Lavorare unitariamente, insieme agli Stati Uniti d’America e possibilmente anche ad altre potenze mondiali come Cina, la stessa Russia e i Paesi arabi moderati, per far cessare il prima possibile le ostilità ed evitare a tutti i costi che la guerra duri settimane o mesi e che si allarghi ad altre Nazioni. Emmanuel Macron e Friedrich Merz, quindi Francia e Germania, che erano molto critiche sulle azioni di Netanyahu nella Striscia di Gaza chiedendo lo stop al massacro di civili e paventando addirittura sanzioni, ora sono schieratissime al fianco di Israele e l’Eliseo non ha escluso anche il sostegno militare, se servisse, allo Stato ebraico. Incerta ancora la posizione della Spagna con il socialista (pacifista) Pedro Sanchez che per il momento ha scelto la linea del low profile senza appoggiare pienamente Tel Aviv come hanno fatto Parigi e Berlino.

Al di fuori dell’Ue molto nervosismo nella diplomazia britannica. Il primo ministro di Londra Keir Starmer, laburista, non ha seguito la linea di Macron e Merz e l’impressione è che il Regno Unito sia in una situazione complicata perché se da un lato non vuole schierarsi con la Casa Bianca e con il tycoon dall’altro non vuole nemmeno apparire agli occhi del mondo arabo come perfettamente allineato con Bruxelles.

Per quanto riguarda l’Italia, la premier Giorgia Meloni, che ieri ha riunito i principali ministri della maggioranza in un vertice che è praticamente convocato in modo permanente per seguire l’evolversi della situazione, sostiene in pieno la posizione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ovvero Israele ha ragione (“Teheran non può avere la bomba atomica” ha detto la presidente del Consiglio in una telefonata ieri a Netanyahu) ma ora serve lavorare alla de-escalation.

Per quanto concerne i Paesi dell’est e del nord Europa sono più o meno, con sfumature diverse, sulla posizione italiana e di Bruxelles, con ovviamente l’Ungheria di Viktor Orban schieratissimo al fianco di Tel Aviv e altre capitali più caute. Una sostanziale unità dell’Ue sulla guerra appena scoppiata in Medio Oriente con sfumature diverse. Macron lanciatissimo e pronto a fornire armi a Israele e Sanchez prudente e defilato.

Italia in perfetta sintonia con von der Leyen, anche se nel governo anche su questo tema ci sono posizioni non esattamente univoche. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, vicepremier e segretario di Forza Italia, appoggia Tel Aviv ma parla come la premier di de-escalation mentre l’altro vicepremier, Matteo Salvini, leader della Lega, segue la posizione del suo alleato europeo Orban ed è assolutamente pro-Netanyahu.

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