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Mps e Mediobanca: “Il governo non attiva il golden power ma con Unicredit-Bpm c’è un atteggiamento diverso”

Colpo di scena, ma neanche tanto. Palazzo Chigi ha deciso di non esercitare i poteri speciali del golden power sull’ops lanciata da Mps su Mediobanca. L’ok arriva a ridosso dell’assemblea di Monte dei Paschi del 17 aprile, in cui i soci saranno chiamati a votare sull’aumento di capitale necessario per procedere con l’operazione. E intanto la tensione tra gli azionisti cresce.

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p data-end=”810″ data-start=”431″>Caltagirone ha portato la sua quota al 9%, quasi al pari di Delfin (9,9%), mentre il Mef – oggi all’11,7% – si prepara a votare a favore. D’altra parte il Tesoro appoggia la strategia del ceo Luigi Lovaglio, che punta a trasformare Mps in un polo bancario risanato e privatizzato, ma ancora sotto l’ombrello del Mef.

Dietro l’operazione, però, c’è anche un disegno più ampio. L’obiettivo è evitare che Generali finisca troppo sotto l’ala dei francesi di Natixis. Un’alleanza che, secondo il governo, metterebbe a rischio l’indipendenza del gruppo assicurativo guidato da Philippe Donnet. Affaritaliani.it ne ha parlato con Giuseppe de Falco, partner dello studio legale Ughi e Nunziante.

Il governo ha deciso di non esercitare il golden power sull’ops di Mps: scelta di fiducia nel mercato o mossa strategica? 

Il “golden power” è un’espressione sintetica con cui si designano i poteri speciali del governo di opporsi o di acconsentire solo a determinate condizioni, alla realizzazione di operazioni di mercato in settori ritenuti strategici. Tuttavia, il governo può esercitare tali poteri solo se dall’operazione scaturisca la minaccia di un grave pregiudizio agli interessi pubblici. Si tratta di misure che dovrebbero essere eccezionali soprattutto quando si ha a che fare con investimenti provenienti da paesi Ue per non parlare del caso in cui l’operazione sia tutta italiana.

Il placet all’operazione di MPS dovrebbe essere la regola mentre ha suscitato qualche perplessità il diverso atteggiamento del governo sull’ops Unicredit su Bpm. Ultimamente la Commissione europea ha avviato anche un dialogo informale con il governo italiano per avere più informazioni su come  il golden power venga esercitato, specie in ambito bancario e finanziario.   

Quanto è sostenibile oggi un grande polo bancario centrato su Mps, considerando le sue ferite storiche? Non rischia di essere troppo presto per un salto del genere?

Il disegno politico è evidente e dipende dal fatto oggettivo che il principale azionista di MPS è il Tesoro senza il cui sostegno l’offerta di MPS non avrebbe mai visto la luce. I vertici di MPS hanno subito dichiarato che l’operazione avviata non intaccherebbe i propri requisiti di patrimonializzazione, requisiti che verranno comunque considerati e vagliati dalla BCE in sede di autorizzazione. 

Generali, Natixis, Delfin, Caltagirone, Unicredit, Bpm: tanti gli attori coinvolti. Chi davvero guida l’operazione Mps–Mediobanca? Lovaglio e il cda? Il Mef? O la regia è nelle mani di Caltagirone e Milleri?

È chiaro che tutti questi attori sono coinvolti ma se devo proprio individuare una regia, mi riesce difficile non immaginare una convergenza di interessi tra gli “azionisti industriali” in possesso di una notevole liquidità e il Mef, con quest’ultimo che mira a fare cassa e quindi a ridurre il suo ruolo nel tempo e i primi che vogliono accrescere la propria trasformazione in attori finanziari di primo piano. Emergerebbero pienamente due tendenze che sono in atto nel paese: la finanziarizzazione dell’economia italiana; un sensibile ritorno dell’ingerenza governativa nell’economia.     

Quanto conta davvero la partita su Mediobanca per il futuro assetto di Generali? Lovaglio dice che l’ops ha una logica industriale. Ma Mediobanca ne ha bisogno? O è più il Monte a voler guadagnare in peso e reputazione?

Nell’ottica di Mediobanca è piuttosto difficile cogliere delle sinergie nell’aggregazione con MPS visto che Piazzetta Cuccia si è mossa dal tradizionale ruolo di banca d’affari verso il modello della  banca universale mentre, all’inverso, MPS – o per meglio dire, i suoi azionisti che sono già presenti in Mediobanca e in Generali – avrebbero l’occasione di consolidare banca e assicurazione creando un nuovo campione nazionale che non credo dispiacerebbe al governo.

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