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                Doveva essere un intervento di routine per i soccorritori del 118, ma si è trasformato in un’emergenza ben più grave. Nella notte, intorno alle 3, l’equipaggio della Pubblica Assistenza Porto Azzurro è stato inviato a Capoliveri per un bambino con sintomi sospetti. Una volta giunti sul posto, i sanitari sono entrati nell’appartamento, ma il sensore di monossido di carbonio in dotazione ha iniziato a emettere un allarme continuo, segnalando una concentrazione pericolosa del gas.

Il bambino, 13 anni, si trovava in casa con la madre e la sorella di 20 anni. Dopo l’attivazione dell’allarme, l’equipaggio ha immediatamente avvisato la famiglia del pericolo e ordinato di abbandonare l’abitazione. Contemporaneamente, è stato chiesto quale sistema di riscaldamento fosse in uso e si è individuata una stufa a pellet come possibile fonte del problema. I soccorritori hanno quindi disposto lo spegnimento dell’apparecchio e l’apertura delle finestre.

Il bambino presentava già episodi di vomito, mentre la madre iniziava ad accusare un forte mal di testa. L’intossicazione da monossido di carbonio può causare sintomi gravi, tra cui nausea, cefalea, debolezza, difficoltà respiratorie e perdita di coscienza. Nei casi più estremi, una concentrazione elevata può risultare letale in pochi minuti.

Vista la situazione critica, la Centrale Operativa 118 di Livorno ha innalzato il livello d’allerta, inviando sul posto l’Automedica Elba e un’altra ambulanza di supporto della Pubblica Assistenza SS. Sacramento di Portoferraio. I pazienti sono stati immediatamente assistiti all’esterno dell’abitazione e successivamente trasportati al pronto soccorso per ulteriori accertamenti.

L’episodio ha evidenziato l’importanza dei sensori di monossido di carbonio, strumenti fondamentali per la sicurezza domestica. Un dispositivo simile ha permesso di individuare tempestivamente la fuga di gas, evitando conseguenze ben più gravi per l’intera famiglia.

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