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Cresce il numero di chi vuole Gentiloni candidato premier. Saranno decisive le elezioni regionali

Un partito spaccato a metà e soprattutto che la segretaria Elly Schlein non è in grado di controllare. Quanto accaduto ieri al Parlamento europeo sul piano di riarmo voluto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è la plastica dimostrazione di come i Dem ormai siano due entità quasi distinte: da un lato la sinistra con la segretaria e dall’altra i riformisti che, a microfono spento, continuano a ripetere che l’unica soluzione per cercare di battere il Centrodestra meloniano è candidare alla presidenza del Consiglio l’ex commissario europeo Paolo Gentiloni, sostenuto in modo abbastanza esplicito da Romano Prodi.

I socialisti europei, la famiglia di cui fa parte il Pd, ha votato sì al riarmo di Ursula. Nel Pd è accaduto uno psicodramma: 11 astenuti, 10 favorevoli, nessun contrario. Hanno votato a favore tutti i riformisti (Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo). Si sono astenuti gli europarlamentari (Nicola Zingaretti, Annalisa Corrado, Alessandro Zan, Brando Benifei, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Camilla Laureti, Cecilia Strada, Marco Tarquinio e Lucia Annunziata) vicini alla segretaria Schlein. “Si votava una risoluzione sulla difesa comune, con molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano RearmEU proposto da Ursula Von der Leyen cui abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche“, ha spiegato Schlein.

La toppa peggiore del buco. Perché evidentemente quelle “molte critiche” non sono condivise da metà del gruppo Dem all’EuroCamera e nemmeno dal presidente Stefano Bonaccini che ha votato a favore. E infatti proprio il voto dell’ex presidente dell’Emilia Romagna segna uno spartiacque pericoloso per la segretaria. Finora Bonaccini si era tenuto in disparte dalle dispute interne e dai tanti convegni di cattolici, moderati e liberali, mantenendo un profilo alto, da presidente, e solo apparentemente vicino a Schlein. Ora lo strappo è chiaro. Come quello di Decaro, ex sindaco di Bari e potentissimo al Sud (non solo in Puglia). Anche perché tutti gli altri socialisti europei hanno votato a favore e quindi il problema c’è solo nel Pd italiano.

Evidentemente l’opposizione netta e il pacifismo estremo di M5S e Alleanza Verdi Sinistra fanno paura alla segretaria che teme di perdere consensi a favore di Conte e del duo Fratoianni-Bonelli. Ma, spiegano fonti Dem, non è solo un calcolo politico: la segretaria è convinta della sua idee e che la proposta di Ursula non sia la strada giusta per l’Unione europea. Così facendo ha provocato una tensione altissima all’interno con i riformisti e liberali sempre più insofferenti. A che cosa possano portare queste fibrillazioni nessuno al momento può dirlo, fatto sta che da ieri l’area Prodi-Guerini-Gentiloni (e molti altri) darà battaglia interna e c’è chi scommette che non sarà assolutamente Schlein la candidata premier alle prossime elezioni politiche.

Anche perché significherebbe perdere per strada certamente Azione e PiùEuropa. Decisive saranno le Regionali dell’autunno (visto che i referendum sul lavoro della Cgil, appoggiati da Schlein, saranno certamente un flop con il quorum lontanissimo). Un passo falso, una sconfitta magari in Campania (complice il caso-caos De Luca) e/o in Puglia e la segretaria potrebbe finire sul banco degli imputati e messa in minoranza in assemblea nazionale.

Al momento Dario Franceschini sembra stare con lei, ma si sa che l’ex ministro della Margherita fiuta l’aria che tira e in caso di terremoto politico-elettorale è pronto a puntare sul cavallo Gentiloni, come in molti sperano che accada nel Pd (anche se per ora non lo dichiarano). Anche perché, dettaglio fondamentale, Piero Fassino si è apertamente schierato con i riformisti e l’ultimo segretario dei Ds era la metà del gruppo Franceschini, il quale non ha più truppe.

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