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                <em>Da Circolo P. Piscitello Isola d’Elba</em>

Con la recente sentenza n. 2202 del 2025, il Consiglio di Stato ha ribadito un principio fondamentale: le scuole montane (e per estensione quelle insulari) possono chiudere solo in casi del tutto eccezionali.
Come spiega l’Unione nazionale Comuni comunità enti montani (Uncem), «La decisione risponde alla necessità di garantire il diritto allo studio nelle aree interne e meno accessibili, salvaguardando al contempo il tessuto sociale e culturale delle comunità».

Il Consiglio di Stato ha sottolineato che la normativa di settore riconosce il valore particolare di questi contesti territoriali, dove le scuole non svolgono solo una funzione educativa ma rappresentano un presidio fondamentale per la coesione sociale e per il contrasto allo spopolamento, e ha richiamato espressamente l’articolo 44 della Costituzione italiana, che prevede “provvedimenti a favore delle zone montane”, un principio ispira tutte le politiche pubbliche che puntano a colmare il divario tra territori centrali e periferici. «Chiedere ai bambini e alle famiglie di affrontare spostamenti lunghi e difficili per raggiungere una scuola distante contrasta con lo spirito di questa norma», fa notare l’Uncem che ricorda di aver chiesto in diverse occasioni al Ministro Valditara di «Organizzare un tavolo di alto livello con esperti, Amministratori, rappresentanti delle Istituzioni per ripensare il modello organizzativo delle scuole nei piccoli Comuni».

Uncem ha anche richiamato l’importantissimo lavoro dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (INDIRE) per riorganizzare il sistema scolastico nei territori, alla luce della crisi demografica e sottolinea che «In questa direzione conta ed è decisiva l’organizzazione istituzionale dei Comuni sui territori. Il modello organizzativo va ripensato insieme, oltre i municipalismi e i campanilismi. Il piano organizzativo, con un “pensiero a prova di futuro” sulla scuola, deve essere nazionale, del Ministero coinvolgendo le migliori teste e guardando politicamente alle migliori pratiche mosse negli ultimi quindici anni sui territori».

In una lettera a INDIRE, l’Uncem evidenzia che «Con la diminuzione della popolazione in Italia, ancor più nelle zone montane, nei piccoli Comuni, rischiamo di avere una offerta che si riduce, impegnando gli Amministratori pubblici in battaglie di retroguardia. Sappiamo bene che non “possiamo salvare tutto” come molti vorrebbero. E che i sistemi organizzativi nei nostri paesi sono ancorati a schemi del passato. Ancor di più, le famiglie, sia che da sempre vivono sui quei territori o che vorrebbero trasferirsi, hanno urgenza di opportunità precise e più efficaci rispetto a decenni scorsi. Abbiamo visto nascere alcune “scuole di valle”, plessi volutamente accorpati per volontà di dirigenti scolastici, insegnanti, Amministratori pubblici, e altrove abbiamo visto contrasti, qualche mobilitazione per salvare anche micro plessi. La Strategia nazionale Aree interne ha permesso buone riflessioni, ma che poi spesso non sono andate oltre, purtroppo, la letteratura e le analisi. Così, non abbiamo potuto fare dei veri centri educativi, formativi, di comunità, capaci di accogliere bambini e ragazzi da 1 a 18 anni, con una riorganizzazione positiva anche dell’interazione docente-allievo e docente-famiglia».

E Monica Fontana, dirigente scolastica, del centro nazionale Flc Cgil aggiunge: «Le scuole, luoghi di sviluppo dei territori e presidi di cultura e legalità, al contrario della logica dei tagli prevista dal dimensionamento, devono essere considerate con attenzione. Non si può dire che la formazione è una leva strategica del cambiamento senza reali investimenti».

In un’altra lettera inviata nell’aprile 2024 al Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, l’UNCEM gli chiedeva: «Cosa fare dunque delle piccole scuole? Ne tagliamo qualche migliaia? Il Paese non ne soffrirà? I paesi saranno contenti di queste scelte? Come le proteggiamo e le valorizziamo, le piccole grandi scuole dell’Italia? Come definiamo percorsi nuovi di lavoro insieme, che vanno oltre la semplicistica chiusura? Ministro facciamo insieme un percorso. Noi siamo con il Ministero e con Lei – ma penso anche con INDIRE e altre Organizzazioni virtuose che hanno “un pensiero” – a ripensare modelli organizzativi e sistemi territoriali per l’educazione. Crediamo troppo nella scuola per vederla annullare sulla base di numeri e di logiche vecchie. Che le banche se ne vadano dai Comuni, ci fa arrabbiare. Che sia tagliata la scuola, ci fa gelare il sangue, ci immobilizza, ci fa sentire spogliati. Abbandonati e soli».
E’ dalla sentenza del Consiglio di Stato e dai progetti e studi coordinati da INDIRE che si dovrebbe partire per discutere anche del futuro delle scuole dell’Arcipelago Toscano, ma occorre farlo subito perché siamo di fronte a una situazione di inverno demografico forse peggiore che nei comuni montani. Situazioni come quelle di Marciana e Marciana Marina diventeranno la norma e la conseguenza sarà la desertificazione scolastica.

Occorre mobilitare non solo il mondo della scuola, ma tutta la più ampia comunità educante e garantire i diritti dei lavoratori pendolari della scuola a tariffe dei trasporti agevolate e a vivere all’Elba senza dover pagare per l’affitto spesso gran parte di quanto guadagnano con il loro lavoro. I comuni dell’UNCEM sembrano averlo capito, quelli elbani un po’ meno.

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