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Non ci sarà l’aumento dell’Irap dal 2 al 2,5% ma altri interventi per far salire il contributo triennale delle banche da 9,5 a 10,5 miliardi di euro
Sappiamo che la Legge di Bilancio per il 2026 è ancora un cantiere aperto e che, come ha scritto settimana scorsa Affaritaliani, solo poche ore prima dell’approdo in aula al Senato arriverà l’accordo finale con il maxi-emendamento del governo sul quale verrà posta la questione di fiducia. Giancarlo Giorgetti, già nel mirino per la questione Mps-Mediobanca, tiene le carte coperte d’accordo con Palazzo Chigi e quindi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e con il potentissimo sottosegretario Giovambattista Fazzolari.
Ma – secondo quanto Affaritaliani è in grado di anticipare – si va verso l’accordo con l’Associazione Bancaria Italiana (Abi). Nel triennio 2026-2028 serve un miliardo di euro in più e l’aumento del 2% dell’Irap, come è stato deciso nell’ultimo vertice di governo, non varrà per le imprese e i colossi non finanziari (quindi anche il gruppo Mfe-Fininvest-Mediaset).
Ma le risorse da qualche parte vanno trovate soprattutto per eliminare l’incremento della cedolare secca sugli affitti brevi, che resterà al 21% sulla prima casa, e per sistemare il pasticcio del Mef sulla super tassazione dei dividendi al 24% sulle holding che hanno una partecipazione inferiore al 10% in società controllate (e qui la strada è quella del premiare gli investimenti produttivi, almeno tre anni, ovvero il cosiddetto ‘long term’, per punire gli speculatori).
Il modello voluto da Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri che con la sua Forza Italia risponde direttamente ai figli di Silvio Berlusconi, Marina e Pier Silvio in particolare, è quella della condivisione. Nessun accanimento e nessun prelievo forzoso sugli istituti di credito modello Lega o Claudio Borghi, bensì un nuovo accordo con l’Abi – nonostante i malumori del presidente Antonio Patuelli e dei principali colossi del credito – che farà salire il contributo a 10,5 fino al 2028.
Ma non aumentando l’Irap dal 2 al 2,5% come in un primo momento si era immaginato bensì attraverso altri tecnicismi che Via XX Settembre sta studiando direttamente con l’Abi. Le ipotesi sono un intervento sugli ammortamenti o sulla liquidità di cassa, ma comunque un’intesa concordata per chiudere il cerchio senza toccare le imprese non finanziarie e per trovare le risorse che servono per gli aggiustamenti della manovra.
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