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La Consulta tra circa un mese si esprimerà sulla costituzionalità della Legge Calderoli dopo i ricorsi delle Regioni a guida Centrosinistra e anche sull’ammissibilità del referendum abrogativo
L’appuntamento è fissato per la metà dicembre, poco prima della pausa per le vacanze di Natale e Capodanno. La Corte Costituzionale è chiamata ad esprimersi due volte sull’autonomia regionale differenziata ovvero la legge a firma ministro Roberto Calderoli, fortemente voluta dalla Lega ma sostenuta pur con qualche distinguo (soprattutto in Forza Italia al Sud) da tutto il Centrodestra, che sta già vedendo le prime implementazioni concrete (come ha spiegato ieri Luca Zaia su Affaritaliani.it) per le Regioni che finora hanno chieste di ottenere maggiori deleghe dallo Stato centrale.
La Consulta tra circa un mese si esprimerà sulla costituzionalità della Legge Calderoli dopo i ricorsi delle Regioni a guida Centrosinistra, compresa la Sardegna che è comunque una Regione autonoma, e anche sull’ammissibilità del referendum abrogativo chiesto con 1,3 milioni di firme online e da almeno cinque Consigli regionali. Sul fronte Centrodestra-Lega, fonti che stanno seguendo da vicino il dossier con esperti e costituzionalisti, fanno trasparire un moderato ottimismo sulla prima delle questioni ovvero sul fatto che venga respinta l’eccezione di incostituzionalità della legge stessa che, va ricordato, attua la riforma del Titolo V della Costituzione fatta più di vent’anni fa dal Centrosinistra proprio per arginare l’avanzata della Lega Nord di Umberto Bossi.
Il motivo dell’ottimismo è che la Corte, oltre alle tesi delle Regioni che hanno chiesto di cancellare la Legge Calderoli, ha accolto anche le eccezioni delle Regioni che invece si oppongono all’annullamento della legge stessa. In altre parole, se le Regioni di Centrosinistra (tranne la Sardegna che essendo autonoma ha poca voce in capitolo) affermano che questa riforma le danneggia, le altre di Centrodestra (Veneto, Lombardia e Piemonte in testa) sottolineano che il danno lo riceverebbero loro laddove la Legge Calderoli fosse ritenuta incostituzionale.
E il fatto che siano state accettate le eccezioni anche delle Regioni che si oppongono al ricorso fa ben sperare perché è un precedente abbastanza raro. Non solo, poi merito c’è ad esempio il caso dell’Emilia Romagna che ora si oppone e fa ricorso alla Consulta ma che qualche anno fa aveva chiesto una parte, non tutte, delle materie proprio seguendo lo schema di riforma che ha portato alla Legge Calderoli. Sul fronte del referendum abrogativo, dopo il formale controllo della Corte di Cassazione, c’è pessimismo nel Centrodestra che possa essere bocciato, nonostante lo stesso ministro Calderoli qualche settimana fa avesse avanzato questa possibilità proprio su Affaritaliani.it.
E nel campo del Centrosinistra si registra ottimismo sul fronte referendario e meno sulla costituzionalità della legge. Il problema, per chi si oppone alla legge, è che una volta dato l’ok al referendum abrogativo bisognerà convincere la metà più uno degli italiani ad andare alle urne. E l’obiettivo pare al momento lontanissimo. Un milione e trecentomila firma online sono meno della metà dei veneti che votarono anni fa a favore del referendum regionale sull’autonomia e, soprattutto, il governo non farà mai l’election day con Amministrative ed eventuali Regionali.
Poi va considerato che il grosso dell’affluenza questa volta dovrebbe arrivare dal Sud, che teme di più la riforma, ma la Regione con più abitanti è la Sicilia che, essendo già autonoma, non viene minimamente toccata. Insomma, pessimismo nel Centrodestra sul no al referendum ma grande ottimismo sul flop dell’affluenza e sulle scarsissime possibilità che venga raggiunto il quorum. Ovviamente il Centrodestra dirà di stare a casa e non di andare a votare no, ma questo è scontato.
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