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I nuovi equilibri del debito europeo tra Nord e Sud

Sembra che nell’Europa del debito qualcosa stia cambiando, alcune certezze si stanno sgretolando, e si sta assistendo ad un capovolgimento dei ruoli, che fino a pochi anni avevano cristallizzato una sorta di spaccatura tra i cosiddetti paesi frugali, quelli del nord capitanati dalla Germania e i paesi del sud Europa, definiti in modo piuttosto spregevole come PIIGS. Ora a preoccupare sul fronte del debito non è solo la Francia, ma anche l’Austria, il Belgio, Svezia, Paesi Bassi e persino la solidissima Germania, cominciano a destare preoccupazione. Mentre Italia e Spagna stanno diventando più affidabili e credibili sui mercati finanziari internazionali. Ma la novità di questo nuovo anno è quella che riguarda anche il debito della stessa Commissione Europea, che dal 2020 mostra una tendenza al rialzo sempre più marcata.

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p class=”MsoNoSpacing”>Può sembrare un paradosso, considerando che per decenni, Bruxelles si è vantata della sua politica di rigore fiscale, imponendo regole strettissime di controllo dei conti pubblici degli Stati membri. Il nostro paese, in particolare, è da sempre il controllato speciale e veniva considerato, fino a pochi anni fa, una sorta di mina vagante per tutta Europa. Ma ora la situazione per il nostro paese è radicalmente cambiata, resta un debito altissimo, ma il rapporto deficit- Pil è in costante e continuo miglioramento, come ammesso anche dalla stessa Commissione europea. Nel 2026 l’Italia, infatti, dovrebbe uscire dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, da cui è stata sospesa quest’anno. Mentre per assurdi ora proprio l’Europa rischierebbe di entrare in procedura d’infrazione, dal momento che sarebbe tra i maggiori debitori d’Europa, una posizione che sarà aggravata dalla decisione dell’UE della scorsa settimana di concedere all’Ucraina 90 miliardi di euro di sostegno finanziario nei prossimi due anni. A partire dalla pandemia e in seguito, la Commissione europea si è trasformata da emittente marginale di debito in uno dei maggiori debitori statali e sovranazionali del continente. Il suo debito in essere è aumentato considerevolmente da circa 50 miliardi di euro nel 2019 a circa 700 miliardi di euro entro il 2025, un cambiamento che è stato sorprendentemente poco esaminato, date le sue implicazioni a lungo termine per i mercati, i bilanci e la politica dell’UE. Questo cambiamento ovviamente non è avvenuto dall’oggi al domani ma è stato graduale, e il suo aumento esponenziale è dovuto in gran parte ai fondi per far fronte all’emergenza Covid e poi per gli aiuti all’Ucraina.

Nel 2020, la Commissione ha emesso, infatti, 40 miliardi di euro di debito – più del doppio rispetto all’anno precedente – per finanziare programmi di emergenza come SURE e, più di conseguenza, il fondo di ripresa “Next Generation” (NGEU) da 750 miliardi di euro. A differenza degli strumenti precedenti, gran parte di questo prestito non è stato concepito per prestiti consecutivi, ma per finanziare sovvenzioni dirette ai governi degli Stati membri.

Un cambio di paradigma che non è passato inosservato, sia da parte dei mercati finanziari e sia da parte di alcuni Stati membri. Le emissioni annuali sono aumentate a quasi 200 miliardi di euro entro il 2025, mentre il debito totale in essere ha superato i 670 miliardi di euro. Gran parte di questo debito rimarrà nel bilancio dell’UE almeno fino al 2058 – ancora più a lungo sé la Commissione sceglierà di rifinanziare le obbligazioni in scadenza anziché rimborsarle direttamente.

Ora con la nuova emissione di un prestito da 90 miliardi di euro per l’Ucraina, il debito è destinato a salire ulteriormente, rendendola il quinto debitore sovrano o sovranazionale in Europa, superando il Belgio e altri 22 Stati membri, e preceduta solo da Italia, Francia, Germania e Spagna La Germania e i paesi del nord si sono sempre strenuamente opposti agli euro bond, una sorta di condivisione del debito tra i paesi membri. È da più di trenta anni che se ne parla, da quando, nel 1993 il presidente della commissione di allora Jacques Delors, propose, sia pure in forma embrionale, l’emissione di obbligazioni europee per finanziare gli investimenti in infrastrutture della Comunità Europea. Ma, al di là di un certo scetticismo mostrato dalla Germania, anche di recente, sono in molti a pensare che mai come ora si possa arrivare ad una emissione di debito comune europeo.

Il debito comune europeo e l’ipotesi di una svolta sugli Eurobond

Questa situazione potrebbe per certi versi, secondo alcuni analisti finanziari, avere pesanti ripercussioni, non solo positive (almeno nel breve periodo) sul mercato dei titoli di Stato, soprattutto alla luce delle consistenti difficoltà attuali di paesi come la Francia, Spagna e Germania ed Italia. La rapida espansione dei titoli del debito comune della UE, con rating a tripla A, rischia di sovraffollare il debito sovrano nazionale di qualità più elevata, spingendo potenzialmente al rialzo i rendimenti per gli Stati membri già gravati da un ingente fabbisogno di prestiti. Le prime emissioni di Next Generation EU hanno beneficiato di tassi di interesse molto bassi ma ora la situazione è radicalmente mutata. L’inflazione post-pandemica ha spinto i tassi di interesse ufficiali oltre il 4%, aumentando drasticamente i costi di finanziamento dell’UE. I rendimenti dei titoli di Stato dell’UE sono passati da quasi zero nel 2020 a circa il 3% negli ultimi anni. “Poiché gran parte di questo debito finanzia sovvenzioni anziché attività generatrici di entrate, i maggiori costi di servizio peseranno sui bilanci dell’UE per decenni. In terzo luogo, per la politica dell’UE. Il debito ha la capacità di inasprire le divisioni. I futuri prestiti complicheranno i negoziati, già tesi, tra gli Stati fiscalmente cauti e quelli favorevoli a un ruolo più espansivo dell’UE. Con l’emergere di nuove crisi – dall’Ucraina alla difesa alla politica industriale – crescerà la pressione per ricorrere nuovamente all’arma degli euro bond.” Dice l’economista Christian Chase

Il rapporto del Fmi sullo stato di salute economica dell’Europa presentato recentemente a Bruxelles, sostiene che il livello del debito pubblico è diventato insostenibile, in particolare in Italia, Francia e Germania. Con le attuali politiche fiscali, nel 2040 la media europea del rapporto debito/pil raddoppierebbe, raggiungendo il 130%. Queste tensioni saranno particolarmente evidenti durante i negoziati sul prossimo bilancio dell’UE per il periodo 2028-34. Per la prima volta, i costi del servizio del debito per NGEU saranno esplicitamente inclusi nel bilancio, costringendo i governi a confrontarsi con i compromessi delle decisioni prese durante gli anni di emergenza. Ed è alla luce di queste considerazioni che bisognerebbe valutare in maniera assai positiva gli sforzi del ministro Giorgetti e del governo di tenere sotto controllo i conti pubblici. Ora si grida alla mancanza di coraggio, tra qualche anno probabilmente si ringrazierà il governo per avere messo il paese al sicuro da turbolenze finanziarie, dagli effetti per ora inimmaginabili.

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