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L’idea c’è, l’uomo per applicarla pure, ma interlocutori e fatti sono ancora molto ben lontani. Donald Trump lavora sottobanco alla sua exit strategy per l’Ucraina e perfino Volodymyr Zelensky, presidente del Paese invaso dalla Federazione Russa nel 2022, ha timidamente aperto all’ipotesi di un cessate il fuoco sulla linea del fronte tra Mosca e Kiev in cambio di garanzie di adesione alla Nato.

Il piano Kellogg per porre fine al conflitto tra Russia ed Ucraina

Da qui al 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Trump, mancano quasi due mesi. Ma la nomina a inviato speciale per l’Ucraina del generale Keith Kellogg dice molto a riguardo: l’80enne già consigliere per la sicurezza nazionale ad interim nel 2017 ha un’idea chiara di quella che deve essere la strategia americana. E lo ha espresso in uno studio pubblicato dall‘America First Policy Institute nell’aprile scorso in cui Kellogg dice molte cose: sì alla fine degli aiuti militari Usa all’Ucraina se la Russia accetta di negoziare, sì a una pace che congeli la situazione sul campo, sì a garanzie di sicurezza per Kiev. No a una “mano libera” alla Russia, invece: il piano è stato ripreso dal vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ed è la più concreta elaborazione strategica per la seconda amministrazione.

In quest’ottica, buona parte del Donbass sarebbe di fatto concesso alla Russia, in quanto già conquistato sul campo, e si chiuderebbe a favore di Mosca la questione, decennale, dell’occupazione della Crimea. Ma in cambio l’Ucraina sarebbe integrata nella sfera di sicurezza euroatlantica. Trump, Vance e Kellogg saranno operativi dal 20 gennaio. Nel frattempo la guerra continua e si possono iniziare a fare, in ogni caso, gli scenari per la sua conclusione. Lo scenario su quanto voglia ottenere Trump appare più chiaro, ma ci sono almeno tre elementi da valutare.

Quali garanzie saranno offerte a Zelensky?

Il primo punto è quello delle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina. Zelensky parla di adesione alla Nato come percorso inevitabile, sostenuto dal segretario Mark Rutte, mentre invece la proposta di Kellogg appare orientata piuttosto a uno scambio di garanzie operative e nel sostegno all’addestramento delle truppe ucraine senza via libera a Kiev nella Nato. Un’ipotesi che, peraltro, allarmerebbe Mosca e porterebbe a contatto diretto la Russia e l’Alleanza Atlantica.

Il secondo dato da sottolineare riguarda la strategia propria di Trump di ottenere “la pace attraverso la forza” : come mediare l’invito, dichiarato dal presidente eletto il giorno della vittoria contro Kamala Harris, di “porre fine a tutte le guerre” con il principio “America First”? Come, cioè, vincere la pace in Ucraina dopo aver vinto la guerra sotto forma di distacco dell’Europa dalla Russia e dissanguamento di Mosca? Domande che solo un’attenta valutazione politica possono esaurire, dato che se da un lato Trump ha voglia di chiudere l’Ucraina dall’altro non vuole farlo presentando gli Usa come sconfitti.

Ma la Russia vorrà realmente negoziare?

Tra i nodi, però, è il terzo – e ultimo – quello cruciale: la Russia vuole negoziare? Spesso in questo discorso rientrano le idee di Trump e quelle di Zelensky. Ma il vero attore decisivo per la guerra è Vladimir Putin. La Russia sta gradualmente avvantaggiandosi nel Donbass e mira a vincere sul terreno la battaglia per occupare gli oblast di Donetsk e Lugansk. Le forze di Mosca si muovono verso Pokrovsk e Kramatorsk, ultime piazzeforti che restano all’Ucraina per blindare il Donbass, e l’inerzia è a loro favorevole.

Una serie di mosse lasciano pensare che il tempo del negoziato non sarà ora: lo scambio di cortesie russo-americano tra via libera ai raid di Kiev nei confini di Mosca e nuova dottrina nucleare di Putin, la rivendicazione ucraina dell’avanzata jihadista ad Aleppo come azione sostenuta dall’addestramento dell’intelligence di Kiev, la fine infruttuosa dei negoziati bilaterali per lo stop agli attacchi al settore energetico mediati dal Qatar. Trump ha posto a capo della diplomazia un falco anti-russo, Marco Rubio, e tornerà alla Casa Bianca sulla scia delle aspettative deluse di Putin nel primo mandato. Siamo certi che troverà un interlocutore attento e ben disposto al Cremlino? Questo dato sarà tutto da valutare.

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