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Rumor insistenti, ovviamente smentiti ufficialmente. Ma il puzzle si compone di tanti tasselli e tutti portano alle elezioni politiche anticipate il prossimo anno. Ok anche dal Quirinale, che non tenterà la strada del governo tecnico
Uno scenario. Un’ipotesi. Corroborati da molti rumor, ufficialmente smentiti sia da Fratelli d’Italia che dal resto della maggioranza di Centrodestra, ma che negli ultimi giorni – con la politica in sordina e “nascosta” dall’imminente Conclave per eleggere il successore di Papa Francesco e con le questioni internazionali di geopolitica che tengono banco (dai dazi Usa al rapporto tra Donald Trump e l’Unione europea, con la mediazione di Giorgia Meloni, fino ai conflitti Ucraina-Russia e in Medio Oriente) – stanno insistentemente circolando nei palazzi romani del potere. Non solo politico.
Lo scenario è quello di possibili elezioni politiche anticipate all’inizio del 2026, subito dopo le Regionali. Idea che la presidente del Consiglio, con il suo partito stabilmente sopra il 30% nei sondaggi e gli alleati di Forza Italia e Lega sotto il 10%, starebbe accarezzando. Molti sono i fattori determinanti ed eventualmente scatenanti del ritorno alle urne prima della fine della scadenza naturale della legislatura (2027). Il primo sono proprio le Regionali.
Se, come ha scritto ieri Affaritaliani.it, dovesse finire davvero 4 a 1 per il Centrosinistra a trazione Pd (vittoria in Puglia, Marche, Campania e Toscana con il Centrodestra che si riconfermerebbe solamente in Veneto, esito scontato a prescindere da chi sarà il candidato), la premier potrebbe usare l’arma delle elezioni per cogliere in contropiede Elly Schlein, che invece vorrebbe andare al congresso anticipato per stravincerlo e mettere a tacere definitivamente la minoranza moderata, liberale e cattolica interna che punta su Paolo Gentiloni (ma non solo) come sostituto al guida dei Dem e candidato premier nel 2027.
Una mossa, quella di Meloni sempre ben consigliata dalla sorella Arianna, che rovinerebbe in parte i piani della segretaria del Pd che ha bisogno di tempo per costruire attorno a sé una coalizione forte, coesa e credibile che punti, come spiega oggi in un’intervista, sul salario minimo e gli sconti nelle bollette di luce e gas. Ma le opposizioni, come hanno dimostrato gli ultimi voti in Parlamento sulla politica estera, sono divise addirittura in sei (molto spesso) e sono del tutto impreparate a una competizione elettorale tra meno di un anno. Il M5S di Giuseppe Conte alza la posta, il Pd è lacerato, Carlo Calenda non vuol nemmeno sentir parlare di ‘campo largo’, Più Europa ha posizioni lontanissime su molti temi dai 5 Stelle e da Alleanza Verdi Sinistra e Matteo Renzi con a sua Italia Viva, tornato all’ovile e fedele al Nazareno, vale poco più del 2%.
Quale miglior occasione per la premier di cogliere la palla al balzo e non consentire a Schlein di organizzarsi per tempo, andare al voto e trasformare le elezioni in un referendum su stessa, puntando la campagna elettorale sugli indubbi successi internazionali, per riconfermarsi a Palazzo Chigi ridimensionando il peso politico e numerico di Forza Italia e Lega?
Non solo. La prossima manovra economica sarà poco espansiva e poco generosa verso gli italiani, vista la situazione dei conti pubblici, e ovviamente Meloni darà la colpa alla situazione geopolitica globale e alle regole di Bruxelles cercando così di celare in qualche modo le inevitabili mancate promesse che la congiuntura impongono. E poi, infine, c’è anche il cammino delle riforme.
Sulla Giustizia ci sono mugugni e ripensamenti nella maggioranza, così come sul premierato legato a doppio filo alla nuova legge elettorale completamente in alto mare. Per non parlare degli aggiustamenti all’autonomia regionale differenziata dopo l’intervento della Corte costituzionale con la Lega e il ministro Roberto Calderoli che spingono per far veloce e Fratelli d’Italia e Forza Italia, soprattutto con i loro esponenti del Sud, che premono invece per una lunga riflessione e per rivedere l’intero schema della lega sull’autonomia che applica il Titolo V della Carta nel segno dell’estrema cautela.
Insomma, siamo solo ai rumor, ma forti e insistenti, che potrebbero, se confermati, far correre alle elezioni politiche il Paese tra meno di un anno. Anche perché i numeri in Parlamento per l’ennesimo governo tecnico alla Mario Draghi non ci sono (solo i centristi lo sosterrebbero e forse Forza Italia) e anche dal Quirinale filtra la linea che in caso di crisi di governo la strada unica percorribile sarebbe quella del voto anticipato.
Ultimo dettaglio e tassello del puzzle, che dettaglio affatto non è, alla luce del possibile/probabile successo 4 a 1 alle Regionali – spiegano fonti vicine alla segretaria del Pd – anche a Schlein andrebbe bene andare subito alle elezioni politiche anticipate per non consentire a Conte di organizzarsi ma soprattutto alla minoranza interna Dem che, oltre a Paolo Gentiloni, è in fermento in queste settimane lavorando sull’ipotesi di Ernesto Maria Ruffini come, in prospettiva se si votasse nel 2027 a scadenza naturale della legislatura, alternativa alla stessa Schlein per un Pd più moderato e centrista.
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