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A Laterza, paese in provincia di Taranto si è consumato l’ennesimo episodio di violenza shock gratuita. Una ragazza sedicenne senza alcuna remora e fomentata da un gruppo di suoi coetanei che hanno ripreso con il cellullare la spedizione punitiva, ha sferrato calci e schiaffi ad una ragazzina di tredici anni solo perché quest’ultima pare avesse scritto un messaggio ad un ragazzo a cui la sedicenne è interessata.  

Le immagini, hanno rapidamente fatto il giro del web, suscitando indignazione e sdegno. Ma quello che ancora di più lascia sgomenti è la totale assenza di senso civico e di empatia di coloro che hanno assistito al gesto filmando il grave episodio e sono rimasti inerti. Al momento non risulta depositata alcuna denuncia.

 

Il fenomeno delle baby gang è un vero e proprio allarme sociale. L’identikit delle baby gang è quello di bande composte da ragazzi e ragazze, tra i 14 e i 17 anni senza un’organizzazione strutturata né la distinzione di compiti all’interno, compiono azioni violente, spesso senza moventi specifici, espressioni di un disagio derivante il più delle volte da mancata inclusione o assenza di modelli di riferimento all’interno della famiglia, più che da una vera e propria volontà criminogena.

Questi gruppi non hanno una durata lunga e la loro attività si esaurisce in poco tempo, con qualche azione violenta. È un fenomeno fluido non strutturato, dissimile rispetto al mondo criminale degli adulti, che però suscita grave allarme sociale per la giovanissima età dei componenti e per la particolare aggressività con la quale vengono compiuti i delitti, originati spesso da motivi futili, della cui gravità gli stessi ragazzini non sono coscienti, come non sono coscienti delle conseguenze dei loro comportamenti sulle persone più fragili, le loro vittime.

Quello delle Baby gang è un fenomeno assolutamente trasversale che rimbalza da regione a regione e che può avere connessione con la delinquenza, ma può anche partire dalla borghesia più incensurata.

È un fenomeno assolutamente imprevedibile, ma soprattutto incomprensibile. Si tratta molto spesso di ragazzi apparentemente normali e perfettamente inseriti che però covano dei disagi che probabilmente le istituzioni, la scuola, le famiglie non riescono a leggere. Si vantano sui social di delitti assurdi, perdendo il contatto con la realtà, come se lo schermo rendesse tutto irreale. Nelle baby gang la violenza diventa un messaggio di “riconoscimento” di chi si sente nessuno, di chi vuole acquisire visibilità, anche attraverso i social.

Non ci si concentra tanto sull’atto violento che si compie ma sul modo di renderlo virale per arrivare ai tanti ambiti “like”. Il gesto violento molto speso non è quindi il fine ma il mezzo. Gesti che permettono un’apparente autoaffermazione, nascondendo un’identità fragile, grazie al riconoscimento gratificante del gruppo. Il punto in comune, tra ragazzi devianti di diverse condizioni socio-economiche, è l’assenza di “riferimenti” adulti capaci di dare risposte alle richieste affettive ma anche di sostenere e accompagnare il percorso di crescita e di responsabilizzazione.

Nell’analizzare specificatamente il fenomeno della criminalità minorile in Italia, appare evidente l’influenza esercitata dai social media. Sul web sono numerosi i messaggi ispirati all’illegalità, spesso nel mondo dei rap e trap.

Quando e come la legge punisce questi reati? E’ davvero così facile farla franca come molti minori purtroppo pensano?

Anche i minori sono puniti per i reati che commettono, purché abbiano almeno 14 anni. È questa la soglia stabilita dalla legge per l’imputabilità penale: al di sotto di questa età, il minorenne non può essere sottoposto a processo per il crimine compiuto.

Tuttavia, per il minore il carcere rappresenta l’estrema ratio, ha ampie possibilità di evitare il carcere grazie a diversi istituti previsti dalla legge, come: la messa alla prova, l’archiviazione per irrilevanza per fatto, il perdono giudiziale.

Ma non solo: grazie allo sconto di pena che, per legge, il giudice deve sempre accordare a ogni minorenne, è più semplice anche ottenere la pena sospesa.

Forse è questo senso di impunibilità che lascia spazio alla spavalderia. L’educazione alla legalità è uno tra gli obiettivi più importanti che si deve porre la scuola come istituzione; lo scopo dell’insegnamento della legalità è sicuramente quello di formare futuri cittadini capaci di rispetto e responsabilità nei confronti del prossimo e della comunità. Oggi l’educazione alla legalità, a scuola, viene banalizzata e ridotta ad attività di tipo informativo sulla democrazia, sulla coloritura di bandierine della pace e sulle caratteristiche di uno stato democratico.

Attività sicuramente utili e necessarie ma che non assolvono completamente il bisogno di rispetto e legalità. Per sviluppare il senso di legalità in ciascuno dei cittadini occorre passare attraverso una educazione specifica, rivolta specialmente alle giovani generazioni.

*Avvocata e criminologa

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